Racchiudere la vita del sen. Leonardo Melandri in poche righe è assolutamente riduttivo, per rappresentare una personalità, caratterizzata da doti politiche, culturali, umane e progettuali, che ne hanno fatto la figura più importante per lo sviluppo della Romagna del secondo dopo guerra.
Leonardo Melandri nasce il 9 Marzo 1929 a Pievequinta, frazione a pochi chilometri da Forlì, ma è nel capoluogo romagnolo che è vissuto gran parte della sua vita, insieme alla moglie Elvira. Conseguite due lauree, una in Storia e Filosofia a Bologna (110 e lode) e l’altra in Scienze Politiche e Sociali a Pisa (con 110/110), cominciò la sua attività di insegnamento come docente di Storia e Filosofia, prima all’Istituto Magistrale di Forlimpopoli e poi al Liceo Classico di Rimini, mentre tenne l’insegnamento di lingua francese presso la Scuola di Avviamento Professionale di Cesenatico.
Dopo avere frequentato a Roma il Corso Nazionale di Specializzazione in Problemi dello Sviluppo, organizzato da UnionCamere (risultandovi primo classificato), vinse il concorso alla C.C.I.A.A. di Forlì, divenendone prima responsabile per le Attività Produttive, quindi dal 1970, Vice-Segretario Generale. L’attività di insegnamento, sbocco naturale del suo percorso formativo, si intrecciò con un’intensa e feconda attività culturale e giornalistica: oltre a dirigere tre periodici (“Nuova Romagna”, “La Discussione” e “Città Nuova”, di cui era stato anche fondatore, così come poi sarà l’ispiratore del quindicinale della Democrazia Cristiana regionale, “Il Popolo dell’Emilia Romagna”), diede vita all’associazione “Incontri Culturali Fabbri”, assumendone la direzione. Artefice della costituzione dell’Istituto Regionale di Studi Politici “Alcide De Gasperi” (che presiedette e di cui diresse la rivista “Società e Politica”) e dell’Unel (Unione Enti Locali dell’Emilia Romagna), fu chiamato più volte come relatore all’Accademia dei Lincei, sui problemi dei Parchi Nazionali e delle Aree Protette.
Svolse una prolifica attività di animatore culturale e di giornalista, parallelamente all’impegno politico, che lo portò a percorrere i passaggi tradizionali della carriera all’interno della Democrazia Cristiana: da segretario comunale a segretario provinciale, fino a segretario regionale. Successivamente ricoprì l’incarico di dirigente nazionale per i problemi dell’ambiente, divenendo poi componente della commissione cultura dell’Associazione Nazionale degli ex-parlamentari. Ciò non gli impedì di svolgere degli incarichi di tipo amministrativo, con la carica di consigliere, prima a livello comunale, poi provinciale ed infine regionale. In questo periodo, che lo vide proporre la legge istitutiva dei comprensori, partecipò all’attività legislativa all’interno della Commissione per la redazione dello Statuto Regionale, della Commissione Sanità, della Commissione speciale per il problematiche dell’Università in Romagna, della Commissione Attività Produttive (di cui fu anche Presidente regionale), della Commissione Bilancio (di cui fu Vice-Presidente).
I numerosi incarichi istituzionali, assunti in seno all’amministrazione regionale prelusero ad un impegno politico ai massimi livelli: nel 1979, fu eletto Senatore della Repubblica, carica che mantenne fino al 1987. In quegli anni, partecipò alle Commissioni Lavoro, Agricoltura, Ambiente e alla Commissione d’indagine sulla P2, oltre a presentare disegni di legge, divenuti poi legge dello Stato, riguardanti diverse tematiche: la tutela della ceramica d’arte, gli interventi straordinari per la subsidenza a Ravenna e in Romagna (legge speciale), i Parchi Nazionali e le Aree Protette, il trapianto di organi. Lasciato il Senato nel 1987, ormai in pensione, continuò a ricoprire in forma esclusivamente volontaria diversi incarichi istituzionali, come quello di coordinatore delle Commissioni Permanenti presso la Presidenza del Consiglio o di componente della Commissione Nazionale per la legge per la Montagna (sempre presso la Presidenza del Consiglio).
Terminato l’incarico parlamentare, unendo “cultura e politica”, a Forlì riesce a dare vita all’insediamento universitario romagnolo, attivando il processo di decentramento dell’Università di Bologna. Componente, in quegli anni, del Consiglio di Amministrazione della Cassa dei Risparmi di Forlì e dell’omonima Fondazione, è a questa fase della sua attività pubblica (probabilmente la più feconda sotto il profilo professionale), che si devono: la Fondazione “Roberto Ruffilli” (di cui fu ideatore e per lungo tempo Presidente, insieme al sen. Nicola Mancino, al quale Melandri era legato da profonda e sincera amicizia); la Presidenza di Ser.In.Ar., l’ente regista dell’insediamento universitario in Romagna; il Centro Residenziale Universitario di Bertinoro, infine, il Museo Interreligioso: quest’ultimo progetto rappresenta il testamento spirituale del sen. Melandri, incarnando quella idea di “dialogo”, che fu sempre il principio ispiratore della sua attività politica e culturale. Muore a Forlì il 6 giugno 2005.